Quando si è incinte, lo screening prenatale rappresenta un utile strumento per tutte le donne, a patto che sia informato.
Lo screening per la sindrome di Down si rivela in tal senso particolarmente importante, seppure non definitivo in quanto a diagnosi, e la sua interpretazione è fondamentale anche per una fiducia tra la donna e il suo medico.
La prima cosa da specificare è che lo screening per la sindrome di Down fornisce un punteggio cosiddetto ‘di rischio’ che l’operatore sanitario interpreterà e spiegherà alla futura mamma.
Questo permetterà alla donna di scegliere liberamente e con cognizione di causa l’iter della gravidanza.
Tra le informazioni utili rientra appunto il rischio che il bambino sviluppi la trisomia 21; rischio che è anche correlato all’età della madre.
In particolare secondo le ricerche la probabilità aumenta all’aumentare dell’età materna, passando da una proporzione di 1 a 1.500 nelle gestanti ventenni fino ad arrivare ad una probabilità su 100 nelle quarantenni.
Se poi in precedenza si ha avuto una gravidanza con esito positivo, la probabilità aumenta a prescindere dall’età.
Ogni donna in gravidanza ha la possibilità di sottoporsi al test, a prescindere da quale sia la sua età, e questo naturalmente ha finalità non solo statistiche ma anche di prevenzione e diagnosi.
Diversi programmi sono attivi, ad esempio in Inghilterra, e sono tutti mirati a fornire assistenza diagnostica alle donne incinte.
Se le gestanti si trovano nel range compreso tra il concepimento e la 13esima settimana, il test verrà effettuato tramite il prelievo dei villi coriali.
Se la gravidanza si trova al di sopra di questo limite, si procederà con amniocentesi.
Si tratta di programmi importanti… [SEGUE]
Come affrontare la tragedia e aiutare gli altri ad affrontarla
L’editore di Monaco ha pubblicato il libro intitolato “Ogni terza donna”. La scrittrice, ha dedicato il libro a tutti i bambini stellati e ai loro genitori.
I bambini stellati in Germania vengono chiamati mai nati, quelli che sono morti durante il parto o quelli che sono deceduti poco dopo la loro nascita. Nel suo libro, la scrittrice dà voce alle donne che hanno perso i loro figli non ancora nati, ma non hanno rinunciato a una gravidanza con lieto fine, e anche al uomo che è sopravvissuto al dolore della interruzione della gravidanza della sua dolce meta. Queste storie dimostrano: coloro che hanno vissuto un trauma psicologico così grave dovrebbero assolutamente lavorarci su e non essere lasciati nella solitudine con il problema.
La stessa scrittrice ha affrontato un problema simile ai suoi tempi. – “Mi dispiace signora, ma non sento più il battito cardiaco del feto”, la stessa è rimasta senza parole dopo le fatidiche parole del medico durante uno dei suoi controlli di routine. Come ammette l’autrice del libro, non aveva mai vissuto un tale shock.