Quando ci si arrabbia per qualcosa con qualcuno spesso è perché una aspettativa viene delusa e non si sa come rimpiazzarla. L’amico o il patner, il figlio adolescente o il collega di lavoro assumono un comportamento imprevisto, inaspettato, concedendo a loro stessi la “strana libertà” di fare delle loro vite quello che vogliono.
Si è usato un tono volutamente ironico per entrare nei panni della persona arrabbiata, sottolineandone il punto di vista fortemente egocentrico.
Quando è che la rabbia rimane?
La rabbia rimane quando è il punto di vista a non cambiare: si continua ad immaginare il “colpevole” compiere la scellerata azione o pronunciare le infami parole senza riuscire a pensare ad altro.
Si dimenticano o si fa fatica a riconoscere nella stessa persona le qualità tanto stimate e a metterle insieme a tanta malvagità, non si riesce proprio a pensare alla persona “ideale” come a qualcuno capace anche di sbagliare.
L’errore non è ammesso… [SEGUE]
Mi permetto di dissentire dall’articolo. Accettare continuamente che gli altri facciano ciò che gli passa per la mente in quel momento significa svilire e sminuire noi stessi. Concordo con la necessità di smaltire rabbia (io personalmente ne ho parecchia incamerata a causa di persone che ogni giorno fanno come le pare) ma non credo che farci calpestare da chi non sa cos’è il rispetto sia giusto verso noi stessi.