Partendo dal presupposto che se le alterazioni epigenetiche vengono trasmesse dai padri ai figli sarebbe stato possibile individuarle nello sperma, i ricercatori hanno analizzato campioni di sperma di padri di età compresa tra i 27 e i 51 anni, iscritti all’Early Autism Risk Longitudinal Investigation, una rete di centri di ricerca che segue le madri che hanno avuto un figlio affetto da autismo e sono all’inizio di una nuova gravidanza (donne che presentano quindi un elevato rischio di recidiva della patologia). A questo campione di soggetti, si è documentato anche lo sviluppo del neonato nei suoi primi 3 anni di vita.

Nel complesso sono stati raccolti 44 campioni di sperma e sono stati analizzati i tag epigenetici presenti sul DNA spermatico in 450.000 diverse posizioni del genoma; i risultati sono stati poi confrontati con il punteggio ottenuto attraverso la scala di valutazione dell’autismo infantile (AOSI), rilevato sul rispettivo figlio al compimento del primo anno di età.
Grazie ai risultati del confronto tra il rischio di un tag presente in una specifica posizione e i punteggi AOSI di ogni bambino, i ricercatori hanno individuato 193 diversi siti in cui la presenza o l’assenza di un tag è stata statisticamente correlata a precisi punteggi AOSI.

In particolare, esaminando i geni che erano in prossimità dei siti individuati si è scoperto che molti di essi erano adiacenti a geni coinvolti nei processi di sviluppo, prevalentemente neurale; di particolare interesse è che 4 dei 10 siti più fortemente legati ai punteggi AOSI, si trovavano nei pressi di geni implicati nella sindrome di Prader-Willi, una patologia che condivide alcuni sintomi comportamentali con l’autismo.

I risultati dell’indagine suggeriscono quindi che è possibile

 

Facebook Comments
2K Shares
2K Shares
Share via
Copy link
Powered by Social Snap