Continuiamo ad occuparci delle Mamme reali e affrontiamo un tema che sta a cuore a molte: quello del lavoro.
Una volta diventate madri, occorre fare i conti con la necessità di conciliare la vita lavorativa con la famiglia. Oppure no! Sempre più infatti sono le donne che decidono di abbandonare (magari momentaneamente) il lavoro per dedicarsi in toto ai figli.
Qualunque sia la scelta. Cerchiamo di capire meglio quali sono gli elementi in gioco.
Il livello di istruzione delle mamme lavoratrici
Quanto il livello di istruzione e la tipologia di lavoro possono influenzare le donne italiane che decidono di mettere su famiglia? E quanto, una volta presa, questa decisione può influire sulla vita lavorativa? Davvero molto, almeno stando ai recenti dati Istat, che mettono in luce come per il genere femminile permanga una correlazione fortissima tra titolo di studio e carriera da una parte e vita privata e famigliare dall’altra, seppur con differenze dall’inizio del 2000 ad oggi.
In particolare, l’Istat conferma innanzitutto come il sempre maggiore investimento in capitale umano porti le donne contemporanee a compiere scelte differenti in campo familiare, come avere un minor numero di figli o affrontare la gravidanza in età avanzata, con il 4% di donne che sceglie di avere il primo bimbo oltre i 40 anni (una quota minima, è vero, ma importante se si pensa che si è quasi triplicata rispetto al decennio precedente). Non solo, ma le mamme di oggi risultano anche meno coniugate, seppur quasi sempre conviventi con un compagno. Inoltre, il diffuso livello d’istruzione elevato è correlato alla sempre maggiore possibilità di avere meno figli.
Come cambia dopo la gravidanza?
Passando a come la condizione professionale si modifichi in seguito alla gravidanza, un dato significativo ci dice che ben il 22,4% delle donne occupate mentre erano incinte non lavorava più a circa due anni dal lieto evento. L’uscita dal mercato del lavoro non interessa comunque tutte le mamme allo stesso modo.
Le più vulnerabili risultano infatti quelle residenti nel Meridione, soprattutto se al primo figlio, oltre a quelle meno istruite.
Il titolo di studio, in questo caso, conferma dunque il suo ruolo protettivo, che si esplica anche nel ridurre il citato divario territoriale nord-sud. Inoltre, l’interruzione dell’attività lavorativa riguarda soprattutto le madri occupate nel settore privato e quelle appartenenti a famiglie più deboli, in cui il partner è disoccupato o ha un lavoro di basso profilo.
Ad aumentare le chance di perdere o lasciare il lavoro intervengono poi anche la giovane età ed il tipo di contratto (più a rischio, ovviamente, le mamme assunte a termine o con contratti di collaborazione, oltre a quelle che lavorano in proprio e full time).
Un ultimo fattore da non trascurare è infine la possibilità di contare sull’appoggio dei nonni o in alternativa sulla disponibilità di servizi di welfare come gli asili nido di cui, quando ci sono, si lamenta il costo troppo elevato o la mancanza di posti. Non a caso, ben il 29,7% delle madri è stata costretta a rinunciare al loro ausilio, sempre più richiesto soprattutto dalle mamme istruite, maggiormente inclini a riconoscerne i benefici pedagogico sociali.
E a voi come sta andando? Come la maternità ha influito sulle scelte lavorative? E soprattutto sono state scelte vostre o qualcun altro ha deciso per voi?
A cura di Angela Lettieri
Fonte: http://www.istat.it/it/files/2015/02/Avere_Figli.pdf
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