É quindi evidente che sembra riduttivo riferirsi al Lotus Birth come ad una “modalità” di nascita, si potrebbe anzi parlare di “rituale” post parto.
Una spontanea estensione della filosofia di nascita naturale, che invita mamme e ostetriche ad onorare il periodo del secondamento, la fase della nascita della placenta, fonte prima di nutrimento del feto.
In ambito strettamente scientifico, non esistono prove che avvantaggiano la nascita Lotus rispetto a quella tradizionale in quanto non ci sono dati a supporto della tesi che apporti benefici concreti al bambino.

C’è di più: alcuni enti tra i quali il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (RCOG) mettono in guardia professionisti e donne sul fatto che il Lotus Birth è potenzialmente rischioso, sottolineando l’importanza che le donne compiano scelte libere, ma informate.

Nello specifico, il rischio sarebbe principalmente di tipo infettivo in quanto la placenta è essenzialmente tessuto non più vitale contenente sangue.
Ciò potrebbe veicolare una contaminazione batterica; si raccomanda quindi di monitorare attentamente le condizioni di salute del neonato.

É comunque bene sottolineare che il Lotus Birth prevede un vero processo di cura placentare, semplice e diretto, che, se attuato nel modo corretto, limita il rischio infettivo forse più di quanto non accada per un moncone ombelicale reciso e da medicare quotidianamente.
La placenta viene lavata dai coaguli di sangue, asciugata, facoltativamente cosparsa di sale marino grosso (che facilita il processo di essiccazione e agisce da “conservante” naturale) e può essere cosparsa con gocce di olio essenziale di lavanda.
Un processo amorevole, che viene vissuto dalle mamme come il ringraziamento ultimo per aver permesso al proprio figlio di vivere e nascere.

 

Fonti Bibliografiche:

Facebook Comments
2.7K Shares
2.7K Shares
Share via
Copy link
Powered by Social Snap