Che tra alimentazione materna e sviluppo del feto vi sia un’importante correlazione, è noto ormai da tempo: sono già una ventina d’anni che la scienza ufficiale studia l’influsso e gli effetti della dieta della futura mamma sul nascituro.
Grazie alla decodifica del genoma umano, tutte le informazioni emerse hanno avvalorato dei dati precisi, non sono solo semplici supposizioni.
Di recente una certezza è che obesità e diabete si possono prevenire già in epoca fetale.
Le ricerche sono state fatte nell’ambito della prevenzione delle NCCd (acronimo che sta per “Non Communicable Chronic Diseases”) ossia malattie come appunto l’obesità, sempre più diffusa nella società contemporanea, ma anche la sindrome metabolica, svariate patologie cardiovascolari, ipertensione e dislipidemie.
Si tratta di patologie spesso invalidanti, che pesano sull’individuo sia umanamente che socialmente, anche perché curarsi prevede costi non indifferenti, che il Servizio Sanitario Nazionale non sempre copre e che in molti da soli non riescono a sostenere.A quanto emerge da recenti ricerche, la prevenzione di tali malattie non passerebbe dai presunti vantaggi di un allungamento del periodo dell’allattamento al seno, né da accorgimenti spesso inutili come il ritardare l’inserimento di alimenti solidi nella dieta del piccolo.
Al contrario, una maggiore probabilità che il bambino non sviluppi nessuna delle malattie precedentemente citate deriverebbe dalle modificazioni epigenetiche alle quali subite dal feto conseguentemente agli stili di vita e alle abitudini alimentari della donna incinta.
Tra gli studi più interessanti riguardanti tale rapporto è d’obbligo citare il dottor Robert Sapolski… [SEGUE]