depressione
Nell’ultimo periodo molti blog e testate giornalistiche stanno diffondendo la notizia che l’epidurale durante il travaglio di parto ridurrebbe l’incidenza di depressione post-partum.

La ricerca arriva dal Giappone e ha coinvolto 200 partorienti: a 100 di esse sono stati somministrati farmaci per contrastare il dolore.

 

Ne è emerso che il 14% delle donne che avevano fatto l’epidurale mostravano segni di depressione post-partum ai controlli effettuati nel periodo successivo, mentre la percentuale saliva a 34% nelle puerpere che non avevano assunto alcun farmaco.

Se ne è tratta la conclusione che una donna che fa l’epidurale ha un rischio di molto inferiore di avere problemi di depressione in puerperio.

 

A parer nostro la conclusione a cui sono giunti è quantomeno superficiale; secondo lo studio in questione basterebbe una semplice assunzione farmacologica per contrastare un fenomeno complesso e variabile come l’insorgenza della depressione post-partum.

 

Ma è davvero il dolore del parto a causare la patologia?

E nel caso la risposta sia affermativa, esistono altre modalità di gestione del dolore; dunque qual è il ruolo di un’assistenza adeguata durante il percorso nascita?

 

Nella ricerca giapponese si è usato un mezzo di valutazione soggettiva per determinare la sintomatologia nelle donne: la scala di Edimburgo per la depressione.

Tale sistema assegna un punteggio da 0 a 4 in base ad ogni risposta data alle 10 domande proposte: con valore superiore a 10 la diagnosi è “Depressione post-partum”.

Lo strumento utilizzato per valutare le donne, è da molti anni considerato esclusivamente come test di screening per identificare i soggetti che hanno un rischio maggiore di sviluppare tale patologia; e non va affatto considerato, come è stato fatto in questo studio, uno strumento diagnostico.

 

Infatti la diagnosi di depressione post natale è formulabile esclusivamente alla luce di una valutazione clinica.

 

Sul piano della prevenzione non esistono tuttora evidenze che supportino l’utilizzo di interventi psicosociali specifici di routine su tutte le gestanti.

Una revisione sistematica di 15 RCT, giunge a simili conclusioni dimostrando che le donne che ricevono un intervento psicosociale hanno la stessa possibilità di sviluppare una depressione postnatale delle donne che ricevono cure standard.

L’intervento nel solo periodo postnatale appare più efficace dell’intervento che comprende anche il periodo prenatale, mentre l’intervento più promettente sembra il supporto post-partum intensivo fornito da ostetriche.

 

Inoltre nello studio giapponese non si da una definizione chiara di quello che si intende per depressione post-partum: cioè un disturbo depressivo non psicotico che insorge nei dodici mesi successivi al parto, con maggiore incidenza nelle prime 4-6 settimane.
Non è chiara la differenza tra la depressione che insorge nel periodo postnatale e quella che già inizia in epoca prenatale, o anche se sia corretto identificare la depressione postnatale come entità diagnostica a sé stante.

 

ll termine non va utilizzato genericamente per intendere qualsiasi disturbo mentale conseguente al parto e non va confuso con il baby blues, disturbo di breve durata che affligge almeno il 50% delle donne dopo il parto, caratterizzato da facilità al pianto, tristezza, labilità emotiva.
La prevalenza della depressione postnatale varia tra 4.5% e 28% a seconda del metodo e dei tempi per l’accertamento.

 

Pur considerando che il dolore cronico è un fattore di rischio per l’insorgenza di patologia depressiva nella popolazione generale, indicare il dolore del travaglio di parto come cronico è azzardato.

Si tratta di un dolore intermittente, che insorge in un momento particolare della vita di una donna e che termina in poche ore; inoltre ha uno scopo ben determinato e non è fine a se stesso.

Correlare il dolore del travaglio con il rischio di depressione post-partum è come affermare che rompersi una gamba mette una persona comune a rischio depressivo a seguito della sperimentazione del dolore.

 

Purtroppo nella società moderna la paura di soffrire è tale da considerare qualsiasi tipo di dolore come “male da eliminare”; molte persone non conoscono il dolore e pertanto faticano ad affrontarlo e a comprenderlo anche quando ha un fine specifico come nel caso dell’evento nascita.

Forse, prima di diffondere la notizia che l’epidurale diminuisce la depressione post-partum, dovremmo chiederci se la nostra paura smodata del dolore non abbia inciso sull’informazione che veicoliamo alle donne.

 

La scelta di fare l’epidurale è diritto di ogni donna e frutto di una valutazione consapevole e approfondita.

 

Per esprimere appieno la sua libertà, la donna dovrebbe liberare la fisiologia dell’evento nascita dai vincoli e dalle influenze dell’attuale modello sanitario non partecipativo.

 

 

 

Vuoi saperne di più? Le Mammole ne discutono qui LINK

 

 

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