La vera maternità non coincide con quella idealizzata dai media: accudire un neonato richiede un impegno costante e, soprattutto all’inizio, lascia poco spazio per pensare ai propri bisogni di donna.
Fortunatamente, far fronte alle esigenze del bambino e della famiglia e adattarsi ai nuovi ritmi fa parte di un processo graduale, ma questo può comunque essere fonte di forte stress emotivo: imparare ad accudire il nuovo nato in una fase nella quale il corpo sta smaltendo la tensione accumulata durante la gravidanza, il travaglio e il parto può alimentare un miscuglio di emozioni poco definibili.
La preoccupazione, l’ansia e lo stress della nuova vita possono generare sconforto, che a volte si somma anche alla solitudine. In tali circostanze diventa complesso gestire la frustrazione e potrebbero affiorare un senso di delusione e di fallimento, i quali tendono a demotivare ed allontanare dai buoni propositi quotidiani.
Anche l’allattamento, le cui sottili leggi d’equilibrio sono fisiologicamente regolate dal corpo, può venire compromesso da timori insorgenti: la secrezione di ossitocina è influenzata dell’azione di altri ormoni rilasciati in occasione di situazioni stressanti e tanto più queste circostanze divengono croniche tanto maggiore è l’effetto “alterante” che possono avere sul processo di produzione e secrezione di latte.
Al subentrare di stanchezza, irrigidimento e isolamento è facile che durante la poppata si presenti una certa distrazione da parte della mamma; il non esserci nel “qui e ora” con il proprio bambino, il non condividere fino in fondo con lui l’esperienza potrebbe facilitare la strada all’insorgere di intoppi che, in circostanze demotivanti, possono sembrare difficili da superare: ragadi e ingorgo mammario sono purtroppo annoverati tra le prime cause di insuccesso dell’allattamento al seno e, quando non prevenuti, necessitano di essere debellati al loro primo insorgere.
Il rischio che si verifichino queste circostanze impone alla mamma la necessità di rilassarsi