storia allattamento

 

Eccoci qui. Sei nato. L’infermiere (quello fissato con l’allattamento) ha insistito perché ti attaccassi, l’ho fatto ma non ho capito se bene o male, se poco o tanto.

L’ho fatto più perché me lo ha detto con tono perentorio, e non perché mi venisse spontaneo farlo in questo momento di confusione, stesa su un lettino con un esserino tra le braccia che ancora non ho capito chi sia.

So solo che già mi fanno male i capezzoli, so solo che io, che di bambini so quasi tutto e non sono spaventata dal cambiarti il pannolino o farti il bagnetto, questa cosa non l’ho capita bene: ho saltato l’incontro al consultorio sull’allattamento, non ho fatto in tempo ad informarmi perché presa dal capire come evitare l’episiotomia ed il cesareo, e nei 12 anni di lavoro in casa famiglia allattare è l’unica cosa che non ho dovuto fare con i bambini… almeno non al seno!

Eccoci a casa, calo fisiologico superiore al 10%, mi dicono di darti l’aggiunta per non consumare il plico nucale, mi attacco ad internet, ti do l’aggiunta con una soft-cup, vado al consultorio dove mi dicono attacco perfetto, vado a quello del San Camillo (l’ospedale dove ho partorito) dove mi dicono che l’attacco è perfetto e che però in effetti non prendi peso, tutti mi danno informazioni corrette ma tu non cresci uguale.

Mi tiro il latte e mi stresso perché non ne esce… [SEGUE] 

 

 

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