Quando un qualcosa ci coinvolge (o travolge), non possiamo fare a meno di parlare.
Così è per il sonno.
Chi si ritrova, alzi la mano e doni un sorriso allo schermo!
Nei primi anni di vita è fisiologico che un bambino abbia dei risvegli notturni; i ritmi del sonno rispondono perfettamente alle necessità biologiche ed istintive del bambino: un impeccabile meccanismo preservato nel corso dell’evoluzione.
Già, ma le mamme?
Non c’è trucco, non c’è inganno: ad ogni elemento il suo complementare!
In un contesto di accudimento prossimale spoglio di interferenze, i ritmi della madre si modificano in modo spontaneo, adattandosi alle dinamiche di cura e dedizione.
Questo è il meccanismo che regola la respirazione, l’attività cardiaca e quella neurologica durante il sonno; la sincronia che ne sgorga è a dir poco sorprendente ed è tale da render difficile definire chi si svegli per primo tra madre e bambino e addolcisce ogni risveglio.
Così è per il sonno, così è per ogni ambito. Ogni mamma potrebbe portare molti esempi.
Si tratta di un dato di fatto, per così dire, biologico.
Tuttavia, al di là del suddetto dato, ne esiste un altro (o forse più di uno).
Questo passo successivo si inquadra nella nostra interiorità e riguarda l’animo al quale decidiamo di appellarci in un qualsivoglia momento.
In ogni situazione, anche alle 3 di notte, con tremende occhiaie e col grugno di chi conta le ore che mancano al richiamo della sveglia…
insomma, per farla breve, in qualunque istante, ognuno può scegliere, scremare e far fluire specifiche emozioni.
Perché, quindi, non quelle positive?
Possiamo decidere di pensare alle ore di sonno sottratte, oppure possiamo godere della luce delle stelle e osservare quel musetto tirabaci del cucciolo di fronte a noi.
Possiamo concentrarci sulla stanchezza che sembra aumentare ad ogni batter di ciglio, è vero; quanto lo reclama il nostro ego?!
In alternativa, però, potremmo porre mente locale sul momento di beatitudine che stiamo vivendo, avendo l’onore di godere di quel preciso qui ed ora, con tutta l’armonia che esso sa incorporare.
La stanchezza esiste, certo, ma il nostro corpo ha molte più risorse di quanto gli vogliamo concedere.
Al posto di decidere di renderci schiavi di questa sensazione, possiamo offrirci l’occasione di conoscer(ci) un po’ di più, di ascoltare le nostre vere esigenze (solitudine? Voglia anche di altri stimoli? Pigrizia e inerzia interiore?…).
Prendere coscienza anche delle nostre pure necessità, apre la porta della comprensione lata e della beatitudine terrena.
Son d’accordo, alcune volte non siamo così ben disposti ad aprirci in questo senso,è umano, ma è umano tanto quanto il fugace trascorrere del tempo, tanto quanto il mutare veloce delle situazioni.
Non vale forse la pena renderci conto di ciò?
“A volte mi sembra di esser stata sempre seduta così.
A volte mi sembra di esser stata sempre seduta così, da sola,
di fronte ad un fuoco indifferente, tende chiuse, notte, inverno.
Vedi anch’io ho i miei pensieri.
Pensieri che nessuno pensa che io abbia,
pensieri che nessuno della mia famiglia ha mai pensato avessi.
Ma a te ora li scrivo, dovunque tu sia.
Cioè quando, per esempio, ti lavavo i capelli,con lo shampoo più delicato che c’era,
e poi te li sciacquavo e te li asciugavo dolcemente col mio asciugamano morbido,
per evitare che ti lamentassi per la seccatura e il fastidio, ti guardavo negli occhi, e tu nei miei,
e sapevo che in quel momento tu non avresti voluto nessun altro, proprio nessuno,
perché eri felice solo tra le mie braccia,
ma sapevo anche, per esempio, che allo stesso tempo ero seduta davanti ad un fuoco indifferente,
sola senza di te in una notte d’inverno eterna”
“Voci di Famiglia”, H. Pinter