Alcuni lavori costringono a ritmi serrati e turni estenuanti, spesso svolti durante l’orario notturno.
Una ricerca, condotta dagli studiosi delle Università di Tolosa e di Swansea, rivela oggi un preoccupante nesso tra i ritmi irregolari, ai quali il lavoro notturno costringe, e l’invecchiamento precoce del cervello.
Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista medico-scientifica Occupational and Environmental Medicine, sembrerebbe infatti che sarebbe sufficiente un periodo di dieci anni di lavoro notturno per far provocare un invecchiamento cerebrale di sei anni superiore rispetto a lavoratori della stessa età con un lavoro diurno.
I dati sono stati raccolti prendendo in esame un campione di oltre 3200 lavoratori e pensionati francesi, appartenenti a diverse fasce d’età e impiegati in differenti tipologie di attività lavorative.
Sulla base della ricerca è stato possibile individuare un legame diretto tra una protratta esposizione a turni stressanti e performance cerebrali – intese come capacità di memoria e prontezza di ragionamento – più vecchie rispetto a quelle di coetanei impiegati con turni meno logoranti.
Il lavoro a turni, infatti, costringerebbe a un’irregolare distribuzione del sonno e della veglia, accelerando il naturale processo di invecchiamento delle cellule del cervello.
Gli effetti sarebbero una minore velocità di risoluzione dei… SEGUE
É vero! io comincio già a sentire i primi effetti dopo soli 3 anni di turni in reparto!!!
Nessuno più di me lo sa …..esrenuanti notti a combattere in trincea…..corsia…