Ero impreparata. Era oggettivo.
Quel percorso, quella strada… il travaglio, urlando come mai avrei potuto immaginare, non era affatto facile. L’incapacità totale di emozionarmi alla sua nascita, mentre lui, il mio compagno, 110 chili di rugbysta, piangeva tra le prese in giro dell’equipe medica, perché?
Ero impreparata. Sembrava tutto facile.
Invece il parto è un appuntamento prima con te stessa e va come deve andare, Se lo vivi… Se te lo vivi.
E io me lo sono vissuto fino all’ultimo.
Forse la mia parte seria, quella che non si emozionava mai, quella tutta d’un pezzo, aveva deciso di andare via e di far rinascere qualcos’altro, farlo rinascere con Daniele e con Jacopo, piano piano.
Io sono rinata la notte seguente del 22 settembre, martedì 23.
Nonostante i quaranta punti non sono riuscita a mandare Jacopo al nido. Non volevo.
Qualcosa mi diceva che non era la cosa giusta. Lui doveva stare con me... SEGUE